Marracash ha stravinto ancora | Rolling Stone Italia
Power Slap

Marracash ha stravinto ancora

Uno show pieno di idee, ambizioso e curato in ogni dettaglio: con MARRA STADI25 il rapper è tornato ad alzare l'asticella, con le idee, il lavoro fatto per arrivare in cima, e nessuna voglia di compiacere

Marracash live a Torino. Credits: Andrea Bianchera

Marracash live a Torino. Credits: Andrea Bianchera

Onestamente, fateci iniziare questo lungo report con una domanda. Una domanda che almeno per quanto ci riguarda va abbastanza al centro di tutta la questione, cioè di tutto il senso, il contenuto ed il valore di MARRA STADI25 (in stampatello), il tour con cui Marracash alza definitivamente l’asticella non solo della sua carriera, ma proprio di tutto il rap italiano. Ovvero: non è che Marracash in realtà si è costruito una prigione addosso, lui, proprio di suo pugno, con le sue mani, e ora da questa prigione fa proprio fatica ad uscire?

Ora, badate bene: è strano venirsene fuori con una domanda così problematica dopo aver visto un concerto bello, bello sul serio, un concerto sold out (e sold out per davvero), un concerto riuscito, un concerto pieno anzi pienissimo di contenuti e di pensiero – l’esatto contrario insomma del compitino gratta-soldi e ottimizza-fatturati che va per la maggiore oggi fra i giovani reucci del rap itailano. Già: dopo essere stati testimoni di tutto questo ben di dio, di un concerto fatto e pensato cioè come il cielo e non il portafoglio o la superficialità comandano, ha senso porre una questione che sembra far supporre, invece, che questa mastodontica sortita negli stadi marracashiana abbia partorito uno show in qualche modo faticoso – faticoso per chi lo fa ma a dire il vero anche per chi lo guarda?

Marracash durante il live a Torino del tour MarraStadi25. Credits Nicola Braga

Marracash durante il live a Torino del tour MarraStadi25. Credits: Nicola Braga

…però sì, catapultati all’Olimpico Grande Torino per la terza data di MARRA STADI25 (utilizziamo coscienziosamente lo stampatello, come da comunicato stampa: la grandeur è anche nei dettagli), data che precede quelle di Milano, Roma e Messina, in un tour che è il primo tour negli stadi in Italia per un artista rap, insomma, catapultati qua a Torino questa domanda prende corpo bella imponente. A dirla tutta, aveva preso corpo ancora prima che Fabio Bartolo Rizzo salisse effettivamente sul palco dell’Olimpico Grande Torino con la band, il corpo di ballo, Matilda De Angelis registrata, Madame in carne ed ossa, le scenografie fantascientifiche. Già.

Da addetti ai lavori infatti abbiamo nitidamente già percepito da un tot di tempo quanto questo tour, anzi, la ricchezza concettuale di questo tour fosse importante per Marracash e il suo team, e quanto essi ci tenessero a farcelo sapere urbi et orbi. Forse troppo? Mmmmh. È bello poter dire che in un’epoca di soluzioni facili, fenomeni effimeri da YouTube e TikTok e streaming paraculi i concetti in giro in realtà non sono mai troppi, semmai troppo pochi, e benedetto quindi chi ci tiene a metterli in campo, ad irrobustirli, a moltiplicarli, a renderli protagonisti; però davvero a noialtri della stampa è stato detto in tutte le maniere possibili immaginabili – e l’avrete notato nelle scorse settimane anche voi lettori, tra interviste, filmatini e quant’altro ad insufflare l’hype dell’anticipazione – che questo è un concerto pieno-di-cose, pieno-di-idee, pieno-di-narrative, un’esplosione di significati e di significanti.

Marracash durante il live a Torino del tour MarraStadi25. Credits Nicola Braga

Marracash durante il live a Torino del tour MarraStadi25. Credits: Nicola Braga

Questo è stato esplicitato nelle conferenze stampa pre-tour, a noi giornalisti il compito di far circolare solerti il messaggio, e ci è stato ribadito il giorno stesso del concerto: tipo che ci è stata illustrata l’enorme complessità e ricchezza dell’impianto narrativo dello show tramite un documento ad uso interno con una sinossi-descrizione torrenziale ed incredibilmente accurata: 12.000 caratteri particolareggiatissimi e pieni di informazioni, roba che da un lato ti aspetteresti venisse preceduta dalla scritta – facciamo in caps pure quella – “SPOILER”, e dall’altro non ti saresti sorpreso di vedere in una rivista di filosofia e/o di simbologia teatrale, per quanto è densa.

Tutto questo per un concerto? Tutto questo per un rapper? Beh: sì. C’è rapper e rapper: ci sono quelli che per lo più pensano a monetizzare facendo gli showcase-grattata di venti minuti mezzi in playback nelle discoteche di provincia, e sono tantissimi; ci sono quelli che invece hanno amor proprio (e amore verso l’intelligenza loro e del loro pubblico), e ormai da tempo costruiscono live seri e strutturati prima nei club indoor più grandi, poi nei palasport; e poi, beh, e poi all’estremità di tutta questa piramide rappusa, c’è Marracash. Che non sarà il primo rapper italiano a fare uno stadio, altri l’hanno bruciato sul tempo, ma è il primo a fare un vero e proprio tour negli stadi. Non quindi una singola data-evento in un posto iconico ma una cosa grande, complessa, lunga e strutturata. Una cosa che nel momento in cui scriviamo ha venduto 270.000 biglietti (Torino e la prima data di Milano sold out). Una cosa in cui – Vasco a parte, che è un alieno, ormai una categoria dello spirito o una divinità emiliano-nibelunga, oppure inaspettati e snobbati dalla critica outsider come Pinguini e Ultimo – riescono oggi in pochissimi, rapper o non rapper che siano. Perfino Ligabue, ad un certo punto, a fare così si è ritrovato a fare il passo più lungo della gamba.

Marracash live a Torino. Credits: Andrea Bianchera

Marracash live a Torino. Credits: Andrea Bianchera

Il problema qual è? Il problema è che Marracash, da persona intelligente, onesta e coscienziosa qual è, ha sentito il peso di questa responsabilità. Accidenti se l’ha sentita. La celebrazione del rap (e di se stesso) l’aveva già fatta col grandioso Marrageddon, due date epocali di fronte a 140.000 paganti complessivi, e l’unico modo per rilanciare ancora di più la posta era creare un concerto non più grosso, no, cosa puoi creare di più grosso del Marrageddon?, ma più complesso: più intelligente, più carico di riferimenti e sviluppi narrativi, più imbottito di riferimenti letterari e cinematografici (Dr. Jekyll e Mr. Hyde, David Lynch, ovviamente Bergman, la fantascienza, l’uso del bianco e nero nei visual, la meta-narrazione), clamorosamente elaborato nella struttura narrativa, con tanto di divisione in sei atti (Ego, Memorie, Dubbi, Qualcosa in cui credere, Amore e Reconnect), che al confronto Emerson, Lake & Palmer o i primi Genesis sono un po’ come i Ramones.

Il rischio è che tutto questo po’ po’ di elementi e di ambizioni renda lo spettacolo, come dire?, un po’ troppo mediato, un po’ troppo freddo, un po’ troppo cerebrale, un po’ troppo al servizio della narrazione di se stesso e meno della santa e sacra immediatezza del rapporto fisico, euforico ed emozionale col pubblico. Un po’ come guardarsi dal vivo le registrazioni delle finali di X Factor, o in passato di uno dei tanti Award di MTV o altri: televisivamente il tutto è una figata, ma se sei lì come spettatore avverti in modo percepibile di essere solo un elemento di contorno, una pedina di un ingranaggio emozionale, non il primo motivo e il primo motore aristotelico che rende possibile l’esistere di una performance, di un palco, di uno spettacolo, di un’emozione collettiva.

Succede questo, a MARRA STADI25?

Sì e no.

Sì: perché lo sviluppo di tutta la storia e di tutta l’intricata metafora del Fabio versus Marracash fortemente voluta dal Nostro, contrappuntata dai dialoghi con la voce registrata di Matilde De Angelis (…per chi ama Frank Zappa: una sorta di Central Scrutinizer 2.0 pop ed al femminile) e incastonata in una scenografia da sci-fi cinematografico un po’ vintage, procede inesorabile per tutto il concerto pretendendo spazio e rubando ritmo alla musica ed al flow emotivo “da concerto”. E questo non solo perché a Torino c’è stata qualche sbavatura, tecnica (o anche meno tecnica: una di queste ha fatto prorompere Marra, ridendo, in una imprecazione che non entusiasmerebbe smisuratamente il Vaticano), ma proprio perché lo show è costruito così: la narrazione prima di tutto, i passaggi contenutistici prima di tutto. Per intenderci: visto che la storia è così precisa e così definita nei minimi dettagli, il dualismo tra l’artista e la persona, il personaggio col suo ego e l’essere umano con le sue fragilità, alla fine non c’è manco il rito dei bis. Tutto quello che si voleva dire è stato detto, narrato, e quello che si voleva dire e narrare conta più delle solite ritualità da live music.

Marracash insieme a Madame durante il live a Torino del tour MarraStadi25. Credits Andrea Bianchera

Marracash insieme a Madame durante il live a Torino del tour MarraStadi25. Credits Andrea Bianchera

Ecco, per inciso, a proposito di ritualità, ormai la scena rap sforna featuring e duetti come l’entourage di Berlusconi sfornava inviti per cene eleganti alle ventenni, mossa utile per massimizzare stream ed aggregare fan base, ma di tutto questo Marracash – esattamente come nei dischi – se ne fotte e in questo tour l’unica ospite fissa è Madame (bellissima, intima ed intensa la loro interazione sul palco), più un cameo della sua manager storica Paola Zukar (cameo riuscito, perché è l’escamotage per un colpo di scena che non vi sveliamo). Poi chiaro, parte come penultimo pezzo ∞ Love e tutti si aspettando di vedere comparire Guè, da qualche parte potrebbe accadere, ma di regola questo è uno show dove la carrellata di ospiti è bandita.

Sia come sia, il concerto di MARRA STADI25 è un concerto con molte pause, un ritmo non serrato, non ha medley che portano all’apoteosi il pubblico fondendo insieme tre o quattro banger in un unico contundente proiettile sonoro, arma sempre di gran successo nel crowdpleasing, e scandisce con insistenza quasi pedante ogni singolo capitolo, ogni singolo passaggio narrativo e di senso. Solo poche volte Marra esce dallo spartito e si rivolge al pubblico, ne esorta il boato, interagisce spontaneo, chiama le mani al cielo: nel 95% del tempo è invece attento a recitare bene la parte, ad indovinare i tempi giusti di dialogo nei punti di raccordo, ad interagire in modo appropriato e teatrale col corpo di ballo sempre sul palco.

Ma la verità è che nonostante tutto questo è un concerto bellissimo. Un concerto che dura due ore e mezza, e che mai ha un momento di noia o di vera stanchezza, mai ti fa guardare l’orologio, mai ti fa pensare “Vabbé, potevo risparmiarmi ‘sti soldi”. Un concerto che ti prende nel profondo. E che consigliamo a mano bassa a chiunque ancora non abbia preso il biglietto per una delle date in arrivo: fatelo, andateci a ‘sto live, ne vale veramente la pena.

Marracash live a Torino. Credits: Andrea Bianchera

Ne vale la pena per le scenografie e l’ottimo lavoro sulla pirotecnica, fatto più di fino che di imponenza. Ne vale la pena perché con Marracash sul palco c’è una band solidissima, che non fa mezza sbavatura ed anzi rende al meglio – con arrangiamenti semplici, ma avvolgenti e granitici – la veste sonora che circonda le rime del protagonista dello show. Ne vale la pena perché avete davanti un artista in stato di grazia, lo si vede, lo si sente, lo si avverte, e sarebbe un peccato perderselo. Ne vale la pena perché, che siate fan terminali o di Marracash o semplici simpatizzanti, MARRA STADI25 è un compendio molto completo e molto intelligente degli ultimi tre dischi suoi (c’è giusto qualche concessione a materiale antecedente, in primis Nulla accade da Santeria ma addirittura una Bastavano le briciole d’inizio carriera), li contestualizza e valorizza in un modo davvero mirabile, con la sottolineatura che la onnipresente struttura narrativa e dialogica dello show è al servizio della comprensione dei brani suonati e non viceversa. Questo è un merito enorme, un atto di rispetto verso il pubblico invece che una narcisistica autocelebrazione. Per dire: manco ci sono King del rap o Badabum Cha Cha, che sarebbe stato uno stravincere facile, ma sono tracce che non sarebbero state funzionali al particolareggiatissimo e calibratissimo racconto dello show.

Qui arriviamo al punto: i concerti di MARRA STADI25, benché siano concerti negli stadi, benché si svolgano su un palco mastodontico e si basino su una produzione che sposta 160 cristiani ad ogni singola data tra tecnici e quant’altro, sono concerti sofisticati, intelligenti, pieni di qualità sottile, intellettuale, non solo spettacolare. Sono pieni anche di una qualità internazionale, occhio: quanto la band suoni bene l’abbiamo già detto, ma strepitoso è pure il corpo di ballo coreografato con tocco da show kendricklamaroso da Carlos Kahunga Kamizele, gran lavoro il suo, grande gusto.

Ma soprattutto, e qui arriviamo davvero al punto, sono concerti che pretendono dal pubblico attenzione e mente sveglia, non adorazione acritica e fandom isterica. Marra esce dai cliché del rap come musica tutta ostentazione, crimine e collanone perfetta per adolescenti incerti e lo fa coi fatti, non con le parole. Pretende – per il suo live negli stadi, per la sua musica, per la sua carriera – gente che ragiona, gente che ascolta, gente che fa lo sforzo per fare quel passo in più di comprensione che non sia solo l’urlare a comando e lo streammare compulsivamente e il fare safari fotografico con lo smartphone per nutrire Instagram e farsi belli con gli amici che non c’erano.

Marracash live a Torino. Credits: Andrea Bianchera

Marracash live a Torino. Credits: Andrea Bianchera

E per questo diciamo: se già con Marrageddon aveva vinto, ora con MARRA STADI25 Marracash ha vinto ancora di più. Ha vinto con la forza delle idee e la voglia di non accontentarsi, non con l’imponenza bruta delle palanche, delle risorse economiche (…e non che quella manchi, volendo).

Epperò – e qua torniamo, nella cornice di una struttura circolare, a quello che si diceva ad apertura articolo – la paura è che Marracash possa diventare prigioniero di questa sua corsa al continuo rialzo dell’asticella, della necessità di dimostrare di essere sempre più elaborato, più intelligente, più letterario. Il rischio di andare fuori giri è dietro l’angolo. Questo show si ferma un attimo prima del troppo: nel senso di troppi messaggi, troppi significati, troppa ansia di fare ragionamenti complessi, troppa pretesa di introspezione lucida ed intelligente, troppa ansia di distinguersi e di fare il prezioso, il rapper-sì-ma-intelligente. A questo non si arriva mai e, come detto, le due ore e mezza volano in un amen e dallo stadio esci con un sorriso grande così, conscio di aver assistito ad uno dei concerti italiani più belli da tempo a questa parte e, soprattutto, uno dei pochi nella categoria da stadio che ti chiede di essere spettatore pensante e senziente, non un bovino all’ammasso dell’idolatria e della spettacolarizzazione. Tanta roba.

Post scriptum: questo articolo è lungo, è pieno di termini ricercati e paragoni che suoneranno un po’ alti e un po’ “Ma questo che cazzo sta a di’…” al fan light di Marracash, e in generale della musica. Lo sappiamo. Ma, come dire, tutto ciò è intenzionale. Voluto. Rende infatti perfettamente l’attitudine avuta da Marracash nel pensare e realizzare questo show di MARRA STADI25: non la pappa pronta strappa-view, strappa-stream, strappa-boati, ma il diario emotivo ed estetico di una persona che è preparata, articolata, e che per diventarlo ha faticato, ci si è messo d’impegno. Ecco, ci sembrava quindi giusto fare un report che indossasse lo stesso spirito, la stessa attitudine. Per fortuna che a Rolling non c’è l’abitudine di mettere i minuti necessari per leggere un articolo: ci fosse stato indicato qui a inizio testo, sotto il titolo, chissà quanti avrebbero desistito prima ancora di iniziare a leggere. E chissà quanti ancora non conoscono per dire il Central Scrutinizer e Joe’s Garage di Zappa: ehi, esiste Google. Esiste il gusto di conoscere cose nuove, di immergersi nella cultura passata, presente e futura, di faticare per arrivarci (e di divertirsi in questa fatica): Marra sono anni che prova a spiegar(ve)lo. Ora, anche negli stadi. Sarebbe un peccato non ve ne accorgeste, concentrandovi solo su quanto lui sia figo, sia potente, sia vincente.

Altre notizie su:  Marracash Marra Stadi
OSZAR »