Vasco Rossi, la recensione del concerto del tour 2025 a Torino | Rolling Stone Italia
Io = noi

Solo da Vasco per sentirti bene canti a squarciagola che vivere non è facile

La recensione del concerto allo Stadio Olimpico di Torino, un invito a raccogliere dall’esistenza il massimo godimento, tutti insieme

Solo da Vasco per sentirti bene canti a squarciagola che vivere non è facile

Vasco Rossi a Torino

Foto: Alessandra Trucillo

Scriveva Pier Vittorio Tondelli che mai si andrebbe allo stadio come unico spettatore nemmeno per una partita della nazionale, che mai si andrebbe da soli a un concerto nemmeno per i Rolling Stones. Lo scriveva per parlare dell’umanità varia che andava a Rimini in cerca di quello che chiamava cancan. «Tutto perfettamente accettato in partenza: “Io vado dove sono altri centomila”».

La frase m’è venuta in mente sul prato dell’Olimpico di Torino, dove ieri sera è partito il nuovo giro di concerti estivi negli stadi di Vasco Rossi dopo le due date zero di Bibione, un tour da 600 mila biglietti venduti, sold out veri. M’è venuta in mente osservando i ragazzi cantare a squarciagola non solo verso Vasco, ma anche e spesso verso gli amici e il resto del pubblico, dando le spalle al palco.

Anche da Vasco insomma si va per il cancan. Vale per tutti i concerti allo stadio, d’accordo, ma a quelli di Vasco e di pochi altri che sono stati capaci di offrire con generosità (ancora Tondelli) «un atteggiamento, una storia vissuta, una mitologia» si sente più forte la convergenza in un luogo e in un rito di persone e desideri. Se poi la persona che sta sul palco fa canzoni che parlano di quelle persone e di quei desideri, succede qualcosa di raro.

Mitologia, diceva Tondelli a proposito di questo cantante «con la sua faccia da contadino, la sua andatura da montanaro, la sua voce sguaiata da fumatore, il suo sguardo sempre un po’ perso». Mitologia di cui fa parte Vita spericolata, una delle grandi canzoni italiane, gigantesca. Nel 2024 Vasco la cantava in medley buttandola un po’ via, nel 2025 l’ha piazzata programmaticamente in apertura per riprendersela e ribadirne il significato a volte frainteso: non un inno alla dissoluzione, ma un invito nato dalla paura di una vita piatta a raccogliere il massimo dall’esistenza.

A Torino la cantano tutti, il padre che ha portato il figlio al primo concerto di Vasco e infatti il ragazzo non conosce Valium, il tizio con la bandana e una voglia di saltare repressa da mesi, la ragazza che un paio d’ore dopo si metterà sulle spalle del fidanzato levandosi la maglia durante Rewind, la mamma che poco prima ha telefonato alla figlia intimandole di cenare a casa e pure la squadretta allegra di fan che si son fatti la maglietta con le frasi delle canzoni e il nome sulla schiena. La cantano tutti e Vasco la chiude cambiando simbolicamente il testo in “siamo una vita spericolata”. Non ha più il filo di disperazione che aveva nel 1983, suona piuttosto come una celebrazione commossa.

Foto: Mirco Rinaldi

La prima parte del concerto è da cantante esistenzialista, con esecuzioni sentite di canzoni confessionali come Vivere, Quante volte, Vivere non è facile. Il suono è una miscela decisamente uncool di hard rock anni ’70 e synth anni ’80, la potenza di fuoco è però notevole e le parole restano in bella evidenza, la voce non deve combattere col volume degli strumenti. Certi pezzi sono rifatti con un piglio marziale e solenne come nel caso di Ed il tempo crea eroi, recuperata vista l’aria che tira: “E alla gente povera rimanga l’onestà a vantaggio di chi non ce l’ha che comunque può comprarsela”. Vasco si muove col suo modo un po’ goffo e un po’ ironico, passa da pose da rocker a espressioni volutamente buffe. Ogni cinque, sei canzoni esce di scena per riprendere fiato.

È il tour 2025, ma è come se fosse la continuazione di quello del 2024, stessa band, stesso palco, stessa festa. Cambia in parte la scaletta incentrata quest’anno sul concetto di vita in tutte le sue accezioni. Sono sicuro del resto che se si contassero le parole contenute nelle canzoni di Vasco, “vita” e “vivere” sarebbero tra le più frequenti. «Di fronte a un mondo pieno di odio, di violenza, di valori rovesciati», dice lui, «noi celebriamo la vita. Il mio è un concerto di luce. Portare gioia è il compito dell’artista». È un’idea che in qualche modo collega le canzoni sulla ricerca di senso a quelle più politiche come Gli spari sopra dedicata ai «farabutti che governano il mondo», Basta poco (“Basta poco per essere intolleranti, basta poco, basta esser solo un po’ ignoranti… come quello là”) oppure Mi si escludeva col riferimento al blocco navale invocato da Meloni quand’era all’opposizione e un sonoro “fuck war” (sulla chitarra di Stef Burns pare d’aver intravisto l’adesivo “Fuck Trump”). Vasco non fa grandi proclami perché «le mie canzoni spiegano quello che penso». È un concerto che porta la pace, ha detto Don Ciotti nel pomeriggio in sala stampa.

Sarà pure un concerto a tema e con bibliografia incorporata (sul comodino di Vasco, riporta Torinosette, ci sono Vivere momento per momento di Jon Kabat-Zinn, Essere di Rupert Spira, La mente che mente di Osho, Che cos’è il potere? di Byung-Chul Han), ma è pur sempre un rito popolare che si ripete con qualche variazione ogni anno, è il Natale del popolo di Vasco, è giusto che sia per certi versi prevedibile e immutabile. E infatti la scaletta della parte finale è identica a quella del 2024 compresa ovviamente Rewind. «Siete belle, libere e selvagge», dice Vasco alle ragazze che si sono tolte maglietta o reggiseno. Una ha scritto “fammi” su una coppa e “godere” sull’altra.

Foto: Gianluca Simoni

Oltre ad essere comunione e liberazione (ops), un concerto di Vasco Rossi oggi è anche l’incontro di due desideri intensi. Da una parte c’è Vasco che credo abbia la necessità di sentire l’energia che arriva dal pubblico, di far spettacolo della sua confusione, che è poi quella di tutti noi, di sentisi per poche ore un eroe. Del resto rifugiarsi nel passato specie dopo una certa età deprime e pensare troppo al futuro mette ansia. «Solo il presente permette di essere felici». È uno che superati i 70 dice che senza musica non è niente. Non nasconde la sua età, sono 73, ma anzi la consuma anno dopo anno in pubblico nel suo grande rito estivo, sempre uguale e sempre diverso. Ha deciso, così pare, che non smetterà più, finché avrà le forze continuerà coi concerti estivi negli stadi. È una lotta con se stesso, con la propria voce (che ieri ha retto), col proprio corpo che inizia ad allenare a gennaio in vista degli show. Oltre alla consueta ironica megalomania, sembra avere sviluppato un più acuto senso del bene di chi lo segue e della comunità che ogni anno s’assembla attorno alle sue canzoni. La prima cosa che si legge a inizio concerto sullo schermo è “io = noi”.

E poi c’è il bisogno della ragazza col nome sulla maglietta, del tizio agitato con la bandana, della signora che telefonava a casa, il bisogno di sentirsi dire, anzi di urlare in coro che vivere non è facile, ma appassionante, un’avventura a cui trovare un senso. E miracolosamente sentirsi meglio dopo essersi liberati da ogni illusione e magari prendere la benedizione tradizionale impartita da Vasco dal palco, «ce la farete tutti», un tempo congedo, ora saluto benaugurante a inizio concerto. È il motivo per cui una volta all’anno vien voglia di andare non nel posto più fighetto della città, ma nel cancan, dove sono altri seicentomila.

Scaletta:

Vita spericolata
Sono innocente ma…
Manifesto futurista della nuova umanità
Valium
Vivere
Mi si escludeva
Gli spari sopra
Quante volte
Ed il tempo crea eroi
Un gran bel film
Vivere non è facile
Interludio 025
Buoni o cattivi
Basta poco
Siamo qui
C’è chi dice no
Io perderò
La strega (La diva del sabato sera) / Cosa vuoi da me / Vuoi star ferma / Tu vuoi da me qualcosa / Una canzone per te / Va bene, va bene così
Rewind
E adesso che tocca a me
Senza parole
Sally
Se ti potessi dire
Siamo solo noi
Canzone
Albachiara

La band: Vince Pastano (chitarra e direzione musicale), Stef Burns (chitarre), Andrea Torresani (basso), Alberto Rocchetti (tastiere), Donald Renda (batteria), Antonello D’Urso (programmazione, chitarra acustica), Roberta Montanari (cori), Andrea Ferrario (sax), Tiziano Bianchi (tromba), Roberto Solimando (trombone).

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